Appunti dalla conferenza dell'Avv. Salvatore Timpanaro.

 

In particolare sono state illustrate le tecniche di programmazione del genitore alienante, che giungono, nei casi più gravi, a false accuse, vere e proprie calunnie di violenza o abuso anche sessuale).

Il relatore ha illustrato casi clinici e narrato di esperienze professionali concernenti accuse di abusi sessuali rivelatesi false e calunniatorie e manifestazione di PAS. 

 

La sindrome di alienazione genitoriale (o PAS, dall'acronimo di Parental Alienation Syndrome) è – come è noto nella letteratura - una delle più gravi patologie da separazione, un disturbo psicologico che può insorgere nei figli, tipicamente a seguito del loro coinvolgimento in separazioni conflittuali non appropriatamente mediate. A dispetto della scarsa conoscenza che attualmente se ne hanno in Italia, la PAS è oggetto di studio e ricerca in ambito scientifico e giuridico da oltre vent’anni nel mondo, ed è stata inizialmente descritta e sistematizzata in letteratura da Richard A. Gardner.

« Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato). Tuttavia, questa non è una semplice questione di "lavaggio del cervello" o "programmazione", poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile »

La PAS è prodotta da una programmazione dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): un lavaggio del cervello che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l'altro genitore (genitore alienato). Le tecniche di programmazione del genitore alienante, tipicamente comprendono l’uso di espressioni denigratorie riferite all'altro genitore; false accuse di trascuratezza, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale); la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genera, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore alienato. I figli, quindi, si alleano con il genitore “sofferente”; si mostrano come contagiati da questa sofferenza ed iniziano ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione contro il genitore alienato.

La programmazione arriva spesso a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato, perché i bambini arrivano a rifiutare qualunque contatto, anche solamente telefonico, con il genitore alienato. 

Richard Gardner afferma che l'instillazione incontrollata di PAS è una vera e propria forma di violenza emotiva, capace di produrre significative psicopatologie sia nel presente che nella vita futura dei bambini coinvolti. Gravi psicopatologie quali:

  • ·         esame di realtà alterato;
  • ·         narcisismo;
  • ·         indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia;
  • ·         mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali;
  • ·         paranoia.         

L’arma migliore, come per qualunque patologia, risiede però nella prevenzione: nella definizione di nuove regole del gioco. E’ l’attuale sistema sociale di gestione del conflitto coniugale a creare il problema che vuole risolvere, e che l’unica via d’uscita è entrare in una cultura della condivisione della genitorialità: una cultura al momento fortemente ostacolata nel suo esprimersi, proprio dalle regole (e alcune volte anche dagli operatori) di un sistema che vive e guadagna del conflitto che vuole risolvere.

 

La discussione del disegno di legge 957 per la riforma dell’affido condiviso ha acceso, inevitabilmente, importanti discussioni tra gli operatori che, a vario titolo, si occupano di separazione e tutela dei minori. Uno dei temi che ha suscitato maggior interesse è stato il tentativo di introdurre in sede legislativa, finalmente, la Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS) come comportamento pregiudizievole verso la prole.

Si definisce Sindrome di Alienazione Genitoriale (acronimo: PAS, da “Parental Alienation Syndrome”) la campagna di manipolazione e indottrinamento da parte di un genitore, associata al contributo personale e attivo da parte del figlio. Il tutto in assenza di motivi obiettivi che spieghino questa animosità da parte della prole.

Non si tratta di una novità assoluta per il nostro Paese, giacché essa fu importata nel 1998 dal prof. G. Gulotta, ordinario di psicologia forense all’Università di Torino, e dal 2004 essa è ricompresa nelle linee guida sull’abuso all’infanzia della Regione Liguria.

Diverse sono, ormai, le sentenze e le ordinanze nazionali che ne hanno preso atto. La prima risale al 1999, quando il Tribunale di Alessandria emise una sentenza (la n. 318/99 del 24 giugno 1999, confermata dalla Corte di Appello di Torino) con la quale dispose di affidare un bambino di 10 anni alla madre, togliendolo al padre, verso la quale manifestava “estrema avversione”, avendo individuato una PAS attivata dal papà.

In questo modo  il problema si risolse e il bimbo ritrovò in brevissimo tempo la sua serenità e il suo equilibrio.

Purtroppo, l’introduzione nell’ambito del giudizio di questa fattispecie ha urtato alcune posizioni strumentalmente contrarie e, comprensibilmente, si sono levate voci che tendono a negare il fenomeno con ostinata determinazione e senza proporre argomentazioni che abbiano i crismi di autentica scientificità.

Una delle argomentazioni più comuni è quella secondo la quale la PAS non esisterebbe perché non è ancora ricompresa nel c.d. DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), ossia in quell’elenco di malattie psichiatriche, che viene periodicamente aggiornato, in base al quale è possibile intraprendere specifici percorsi di cura per ognuna delle patologie classificate.

Orbene, se ci basassimo sul DSM per definire ciò che è pregiudizievole, non esisterebbe neppure il danno da deprivazione genitoriale: la presenza delle due figure genitoriali sarebbe ininfluente ! Noi sappiamo invece che la monogenitorialità è nociva per i minori, come sancito da importanti convenzioni internazionali.

E non esisterebbero neppure il mobbing o lo stalking su cui tanti Stati hanno elaborato dettagliate leggi. Non esisterebbe neanche la violenza domestica. Non esisterebbero neppure il plagio o la c.d. Sindrome di Stoccolma (di cui, invece, nessuno mette in dubbio l’esistenza). Sappiamo tutti che la mente umana è condizionabile; e, ovviamente, ancora di più lo è quella dei bambini.

La manipolazione, comunque la si voglia chiamare, esiste ed è sempre esistita: è noto agli addetti ai lavori il caso di una bimba di tre anni che dichiarava, con linguaggio non consono all’età, di “essere stata penetrata” (proprio così…) dal padre. La perizia psichiatrica smentì la circostanza ascrivendola al condizionamento esercitato dalla madre.

Statisticamente, la manipolazione, l’indottrinamento e l’alienazione nei bambini hanno più probabilità di successo se vi è disparità circa i tempi di permanenza presso i due genitori: chi ha in mano il bambino può più facilmente riuscire ad alienarlo. Questo è uno dei motivi per cui possiamo dire che la PAS è figlia della triste consuetudine di attribuire una domiciliazione prevalente (cosa che, infatti, seguendo le orme di Francia e Belgio, questo disegno di legge si propone di eliminare).

Da ciò si deduceche, se una situazione clinica non è citata nella vigente edizione del DSM, non è detto che essa non esista. Riguardo la PAS, pur auspicando che essa vi entri nel 2013 (anno in cui verrà aggiornato il DSM), la circostanza è assolutamente ininfluente al nostro scopo.

Basti pensare che, dalla prima edizione del DSM (datata 1950) a quella attualmente in vigore (datata 1994), le malattie incluse nel manuale sono passate da 112 a 374. Pertanto non possiamo certo pensare a una attendibilità assoluta e atemporale del DSM, cosa cui non credono gli stessi redattori visto che lo aggiornano periodicamente. 

Ben 252 malattie – sulla base di mutate situazioni e mutate conoscenze - sono poi entrate a far parte del DSM. Forse che prima non esistevano ? Ci  pare veramente azzardato e antistorico dire che la PAS non esiste solo perché non contemplata nell’elenco attualmente in vigore.

Conosciamo ad  esempio alcuni scienziati di valore che non mettono in dubbio l’esistenza di quella forma di condizionamento che si chiama PAS ma, più semplicemente, dubitano del fatto che possa essere – da un punto di vista scientifico - malattia autonoma a sé stante, piuttosto che disturbo associato ad altre condizioni noseologiche.

Insomma: essi credono ciecamente alla PAS  come entità psicologica-giuridica nociva, ma non come autentica malattia “medica”, e non la inserirebbero nel DSM. Questa è una posizione scientificamente corretta, perché è avversa alla natura intrinseca del fenomeno, ma non ne nega strumentalmente l’esistenza. 

Vale la pena precisare che in Arizona, comunque, essa viene egualmente considerata malattia di natura psichiatrica, ed è recente il riconoscimento giuridico, quale forma di maltrattamento sui bambini, che il Brasile ha formalizzato con una legge statale.

Altre considerazioni avverse all’esistenza della PAS sono poi così inconsistenti e frutto di palesi travisamenti, che ci pare difficile non considerare dolose e sulle quali non si ritiene di doversi soffermare più di tanto:

leggevamo, per esempio, l’affermazione di uno psichiatra “anti-PAS” che parlava di tautologia di Gardner:  “se un figlio non vuole stare con un genitore è perché l'altro gli ha causato la PAS”.

Tutto falso: Gardner parlava di possibile PAS solo in assenza di motivi obiettivi (violenze di ogni natura) che giustificassero l’avversione verso il c.d. “genitore-bersaglio”.

Altra affermazione apodittica è che la PAS sia contro le donne !

Gardner, in realtà, difendeva anche le mamme: nella sua casistica nel 10 per cento dei casi il genitore bersaglio dell’avversione immotivata era proprio quello di sesso femminile. Negare che, forse solo per i costumi giudiziari occidentali - che fanno della mamma il genitore maggiormente convivente con la prole -, il fenomeno sia più comunemente causato dalle donne, non vuol dire discriminarle, ma riconoscere un dato statistico innegabile (ma quanti comportamenti scorretti sono invece più comunemente perpetrati dai maschi senza che nessuno contesti il dato ?). Se i tempi di permanenza fossero drasticamente squilibrati a favore degli uomini, è probabile che il condizionamento esercitato dai padri aumenterebbe.

E’ opinione comune che la soluzione giusta sarebbe quella di eliminare la domiciliazione prevalente (istituto non contemplato dalla legge e “introdotto” dalla Magistratura) e disporre tempi paritetici di frequentazione, peraltro intuibili dal dettato del Legislatore (art. 155 cod. civ., come novellato dalla L. 54/2006).

La menzogna più clamorosa, che circola indisturbata in queste ultime settimane nella Rete, è che la PAS sia stata ideata per salvare i pedofili. A ben vedere, si tratta di un modo demagogico e fuorviante per accalappiare il massimo di adepti, da parte di soggetti che fanno della disinformazione la propria principale occupazione.

Il fenomeno della denuncia di abusi è infinitamente meno frequente (per fortuna) del fenomeno della PAS, che si stima essere, nelle forme gravi, pari al 10% delle separazioni (30% se consideriamo i sintomi moderati): personalmente ho visto molti bambini alienati ma solo in pochi casi vi era una storia, vera o presunta, di abusi.

Non possiamo poi  fare a meno di contestare l’affermazione secondo cui la PAS sarebbe rifiutata da tutti i Paesi del mondo. Infatti, un recente numero monografico della prestigiosissima American Family Therapy ha ospitato un contributo arricchito da decine di voci bibliografiche sul tema. La famosa Family Court Review, rivista interdisciplinare diffusa in tutto il mondo, parla con regolarità della PAS (decine di pagine dedicate solo nel 2010). In Francia diverse sono ormai le tesi di laurea sull’argomento, così come in Italia (Università di Chieti). Il professor William Bernet di Baltimora ha raccolto in tutto il mondo migliaia di leggi, decreti, sentenze che citano la PAS. Anche la prestigiosa Rivista della Società Italiana di pediatria Preventiva e Sociale ha trattato questo tema in un articolo apparso nel 2009.

La PAS, a nostro modo di vedere, ha un solo punto in apparenza debole: partendo dal presupposto che i pochi studi caso-controllo effettuati non hanno ricevuto né sponsorizzazioni dall’industria farmaceutica (che non vi ravvede un possibile profitto) né la collaborazione degli uffici giudiziari, la modesta casistica a disposizione che si è potuta racimolare  non ha consentito oggettivamente una validazione statistica della condizione. Questo è accaduto, lo ripetiamo, non per l’inconsistenza della teoria ma per l’esiguità del campione richiesto.

La PAS, pertanto, è attualmente prevista a livello di modello psicologico (capace però di spiegare fenomeni altrimenti inspiegabili) ma non è ancora potuta assurgere a condizione di interesse medico con validazione matematica. Nonostante ciò, migliaia di bambini italiani ne manifestano i sintomi, e questo deve incoraggiare il Parlamento a volere, con determinazione, il suo ingresso nella legislazione italiana come entità giuridico-psicologica foriera di pregiudizio nei confronti dei minori.